Viaggio nella condition humaine con Yasmina Reza

La sua penna è un bisturi che scava nella condition humaine, frugando nelle stanze segrete dell’io, sezionandone miserie, incrinature, fragilità e disfatte.

La letteratura uno spazio di libertà e insieme di dissonanza, abitato da personaggi disfunzionali, affaccendati nelle piccole cose della vita. Acuta, ironica, graffiante, Yasmina Reza il 22 giugno riceverà il Taobuk Award for Literary Excellence, nel corso della serata di gala al Teatro Antico di Taormina. Narratrice, drammaturga, sceneggiatrice e attrice, figlia di padre iraniano e madre ungherese e parigina doc, è autrice di capolavori come Il dio del massacro, portato al cinema da Roman Polanski con Carnage, Felici i felici e Babilonia

Nella sua “commedia umana”, messa in scena sul palcoscenico e sulle pagine di un libro, non ci sono né vincitori né vinti. C’è solo l’umanità allo specchio. Nuda, meschina, debole. In cerca di un’identità che, il più delle volte, è solo un disperato bisogno di accettazione. La felicità è una chimera, la quête che agita l’animo umano. E l’abitudine cos’è se non una forma di rassegnazione che rassicura e conforta? Come un compromesso che tutto governa adagiando le relazioni umane su solchi rodati e affidabili. Per paura della solitudine e dell’abbandono, forse. O di confrontarsi con se stessi. E con l’ombra della morte, che aleggia invisibile sullo sfondo della prosa. 

yasmina reza c a taobuk 2024

“Il mondo per me è un enigma” ha confidato Reza.

Eppure quel mondo, così ermetico e beffardo, lo indaga a fondo, addentrandosi nelle dinamiche della medio-borghesia, evidenziandone le incoerenze, tratteggiandone la superficie laccata che cela ombre, fantasmi, ambiguità.

Serge, l’ultimo romanzo di Reza, è la storia di tre fratelli di origini ebraica che, un mese dopo la morte della madre, partono per un viaggio ad Auschwitz. Lo fanno da turisti, in tenuta semi-balneare, con quella cecità che è mero feticismo della memoria. Ma poi succede qualcosa. La visita al campo di concentramento si tramuta in una resa dei conti. È il confronto con il fallimento, individuale (ma del resto, “quale vita non è un fallimento?”) e di un’intera generazione. 

“Giovane virgulto in cerca di identità”, Joséphine si interroga sulle proprie origini. A differenza dei padri e dei nonni che frettolosamente si erano sbarazzati della propria identità, arroccandosi dietro un proposito esistenzialista:

“Non si dice abbastanza la leggerezza che procura l’assenza di eredità”

Viene in mente Poulou, il protagonista di Le Parole di Sartre, “leggero” dopo la morte del padre. Esattamente com’era per il filosofo, la leggerezza rappresenta la condanna alla libertà dell’uomo gettato nel mondo, costretto a scoprirsi responsabile delle proprie azioni. Solo che qui, diversamente da quanto vuole Sartre, l’umanità è incapace di assumersi le proprie colpe, si limita a constatare la propria disfatta addossandone le ragioni alla storia: “Tutti quei bambini, che spreco. Il declino dell’Europa viene da lì. Hanno ucciso l’anima pulsante dell’Europa. Gli ebrei rimasti non valgono niente”. Non c’è niente di allegro, ma “i grandi pessimisti” sono i soli con cui si rida, ha detto Yasmina Reza (L’Atelier du roman, 2001). Certo, l’unico riso possibile è quello “della disfatta dell’esistenza”, così lo ha definito. Perché solo in questo modo “possiamo sentirci pieni di compassione, al di sopra del male”.

Yasmina Reza sarà ospite della Serata di Gala della XIV edizione del Festival, in programma Sabato 22 Giugno alle ore 21 presso il Teatro Antico di Taormina, e protagonista di un’intervista pubblica in calendario Domenica 23 Giugno.