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OTTO GELENG. QUANDO IL “PITTORESCO” DIVENTA REALTÀ

«Mi fece una grande impressione, non so dire quanto, e il nome di Taormina mi suonò tanto simpatico che internamente giurai, avendo la fortuna di tornare in Italia, di andare alla ricerca di Taormina».
Così si esprimeva nelle sue memorie il pittore Otto Geleng, proveniente dall’antica famiglia francese dei Conti Chateaugeleng, espulsa dalla Francia per la sua fede ugonotta e trapiantata in Prussia, dove il padre di Otto, Augusto, possedette un ben avviata fabbrica di foderame per sarti.
Otto Geleng studiò presso la prestigiosa “Real Accademia di Berlino”, sotto la guida del noto professor Biermann, grande conoscitore della Sicilia che aveva più volte visitato e di cui aveva riprodotto incantevoli vedute, riproducendo i paesaggi di Selinunte, Segesta e Siracusa.
Geleng, vedendoli, ne fu rapito a tal punto che decise di partire subito per l’Italia. La sua prima tappa fu Roma, dove giunse nel 1861, diventando socio del Circolo Artistico del Principe Poli e stringendo amicizia con il compositore Liszt e con il Conte Zeppelin, inventore dei celebri dirigibili. A Roma ricevette la visita del Re Federico di Prussia, in viaggio di nozze con Vittoria d’Inghilterra.
Nel 1862 decise di proseguire il suo tour italiano e partì alla volta di Napoli, Amalfi e Capri, sino ad arrivare, nel Febbraio del 1863, a Taormina, dove soggiornò nella modesta casa di Francesco La Floresta.
Alla fine di quell’anno ripartì per Roma in treno, proseguendo il suo viaggio verso il Nord per raggiungere il professor Biermann a Berlino. Tuttavia, il giovane pittore non si tratterrà troppo tempo lontano da Taormina, dove farà ritorno l’anno successivo.
Dopo aver esposto le sue pitture taorminesi presso diversi circoli e prestigiose esposizioni d’arte di tutta Europa, molti artisti rimasero tanto colpiti da quei paesaggi pittoreschi di mandorli in fiore circondati dalle svettanti cime innevate dell’Etna, da pensare che si trattasse del frutto della fantasia e dell’immaginario di Geleng.
Fu così che il pittore prussiano li invitò a prendere atto da sé delle meraviglie del paesaggio taorminese, tanto da organizzare un viaggio a Taormina in compagnia di alcuni amici artisti che negavano potesse esistere un paesaggio reale talmente pittoresco. A dare loro ospitalità fu ancora una volta Francesco La Floresta che, sulla spinta dello stesso Geleng, darà alla sua locanda il nome di “Timeo”, come il figlio di Andromaco, fondatore e tiranno di Taormina nel IV secolo a.C.
Nel 1874, infine, Francesco La Floresta inaugurerà il nucleo di quello che sarebbe stato il glorioso Grand Hotel Timeo, adattando la sua casa alle nascenti esigenze del turismo internazionale ed inaugurando così una stagione nuova nella storia del turismo e dell’ospitalità.
A Taormina, il giovane pittore si guadagnò presto una grande fama unita alla grande considerazione dei suoi contemporanei. Avendo sposato una donna taorminese di grande bellezza, Filomena Zuccaro, decise di vivere a Taormina, dove aprì il suo atelier in Corso Umberto (oggi al civico 190), dove in seguito avrebbe abitato la figlia Angelina, moglie del barone Giuseppe Paternò Castello di Biscari, discendente del Principe Ignazio V, collezionista, mecenate e primo Ispettore alle Antichità in Sicilia. Ancora oggi chi guarda la facciata della casa che fu dei Geleng riconoscerà, tra i balconi al primo piano, l’antico blasone della famiglia Paternò Castello.
Nel 1872, le personalità più in vista del paese, proposero a Geleng la carica di prosindaco di Taormina che egli ricoprirà per dieci anni.
Nei suoi viaggi attraverso tutta Europa, e grazie alle sue stesse opere, continuò a far propaganda di Taormina come di un luogo depositario di ogni bellezza ed incanto che natura, storia ed arte possano riservare.
Non a caso, l’Esposizione Nazionale di Palermo lo chiamò ad esporre le sue pitture taorminesi e fu nominato “socio corrispondente” dell’Accademia degli Zelanti e dei Dafnici di Acireale e membro onorario del Sindacato delle Belle Arti.
Durante la grande guerra venne confinato in un campo di prigionia a Bronte perché cittadino di una Nazione nemica. Per Geleng, che tanto aveva fatto per Taormina, fu un’umiliazione che difficilmente avrebbe dimenticato. Liberato dalla prigionia nel 1919, tornò a Taormina dove si spense nel 1939.
La storia familiare dei Geleng continua all’insegna di un profondo legame con il mondo dell’arte: solo per citarne alcuni, grande fama ebbero Rinaldo e Giuliano Geleng, pittori, scenografi e collaboratori di Federico Fellini.