A Taobuk cresce l’attesa per Marina Abramović, la regina della performing art

A Taobuk cresce l’attesa per Marina Abramović, la regina della performing art

Il 22 giugno l’artista serba riceverà, durante la serata di gala al Teatro Antico di Taormina, il Taobuk Award per le Arti visive

marina abramovic a taobuk 2024

Ci sono artisti che sfuggono a ogni tentativo di circoscrizione.

Sfidano i limiti, abbattono le barriere, si confrontano con l’imprevisto, infrangono tabù, rivoluzionano modi di pensare e di agire, indagano il senso. Del proprio corpo, delle proprie emozioni, del sé e dell’altro. Alla ricerca dell’identità, sperimentando il dolore e lo sfinimento come fonte di energia creativa.

È la performance come arte totale di Marina Abramović, che sabato 22 giugno riceverà il Taobuk Award per le Arti visive.

L’artista serba è riuscita a trasformare lo spazio performativo in un riflesso dell’essere umano e del mondo: tutto ciò che accade va accettato. Perché l’accettazione dell’io, liberato dalle sovrastrutture, porta alla rivelazione. Spalanca stati emozionali, restituisce la fisicità, svela la verità. L’arte, per la regina della performing art, è frugare dentro se stessi, per conoscersi e riconoscersi, arrampicandosi sulle vette dell’ego fino a relazionarsi all’altro e addentrandosi nelle stanze segrete del corpo e della mente.
Basta pronunciare il suo nome – Marina Abramović – e subito si affaccia in tutti noi il ricordo di una delle sue performance, rimaste impresse nella memoria collettiva, come l’impronta forgiata da un ferro incandescente: da Rhythm 0 del 1974 alla Galleria Morra di Napoli a The artist is present del 2010 al Museo MoMa di New York, passando per Imponderabilia e Rest Energy.

Abramović immobile per quattro minuti e venti secondi interminabili che regge l’arco, con la corda tesa e la freccia puntata dritta al cuore da Ulay, il compagno artistico e di vita che potrebbe ucciderla muovendo un dito. E ancora Abramović e Ulay insieme, l’uno di fronte all’altro all’ingresso della Galleria comunale d’Arte moderna di Bologna. Completamente nudi, costringendo i visitatori a passare in quel fazzoletto di spazio. Abramovic seduta davanti a un tavolo che ritrova, dopo anni, il suo Ulay e gli occhi si riempiono di lacrime. Sono tutti segmenti della nostra memoria, momenti che sono passati alla storia.

 Ma «la pièce più pesante che abbia mai fatto, perché ero totalmente fuori controllo», per usare le parole della stessa artista, è Imponderbabilia. In piedi per sei ore, come un manichino, la performer ha lasciato che le persone facessero di lei quello che volevano. Avevano 72 oggetti a disposizione. Una rosa, del pane, un flauto, una bottiglia di vino, un fermaglio per capelli. Ma anche catene, forbici, un martello, una frusta e una pistola con un proiettile. Le prime ore, alcuni si avvicinarono ad osservarla, altri iniziarono a farle delle carezze a mani nude. Qualcuno la sfiorò con una piuma e prese a farle il solletico. Poi, però, la situazione degenerò. Più il tempo passava, più le azioni divenivano crudeli, in un’escalation di violenza che Abramović subì passivamente. Senza battere ciglio, con il corpo sanguinante, ferito, denudato e le lacrime che le rigavano il volto. Le tagliarono i vestiti che aveva indosso, la spinsero, la strattonarono da un luogo all’altro della sala. Qualcuno le conficcò le spine della rosa nella carne, un altro le succhiò il sangue dalle sue ferite. Ci fu anche chi la legò per sfogare i propri impulsi sessuali, ma l’apice della spietatezza si raggiunse quando le misero in mano una pistola carica e gliela puntarono alla gola. Fu in quell’istante che il gallerista si avventò sulla scena, prese l’arma e la lanciò fuori dalla finestra.  Quando la performance, allo scadere delle sei ore, terminò, Marina Abramović prese a camminare per tutta la sala andando incontro al pubblico. E mentre incedeva verso i propri aguzzini, loro andavano via. Alla vista di Abramović che “prendeva vita”, che da oggetto tornava essere umano, il pubblico arretrò spaventato, si mise quasi in fuga, evitò in tutti i modi di incrociare lo sguardo dell’artista o di avere un contatto ravvicinato con lei.

 

“Quello che ho imparato – commentò l’artista  – è che se ti affidi e ti abbandoni al pubblico, può arrivare a ucciderti”. 

Il mondo intero ebbe un sussulto. Marina Abramovic ne aveva svelato la sua vera identità. Quanto fosse malvagio.